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A dispetto dei suoi edifici che conservano ancora tutto il loro carattere vittoriano la Dalmore è un posto particolare, mentre le altre distillerie sono strutturate secondo uno schema logico la Dalmore è tutt'altro. I suoi alambicchi hanno forme e capacità differenti, la distillazione è sempre una lotteria e ogni partita esce fuori a gradazioni diverse. Fare whisky alla Dalmore è come tentare di far volare un aquilone in un giorno di burrasca. A complicare le cose, fino a poco tempo fa, c'era anche il problema dell'acqua, infatti non era possibile conoscere la quantità di acqua disponibile perché arrivava alla distilleria da un piccolo bacino di riserva; questo bacino di riserva prendeva l'acqua dal mare ma l'acqua doveva oltrepassare un muro: se il livello del mare scendeva al di sotto del muro l'apporto di acqua si interrompeva completamente. Insomma, lavorare alla Dalmore è una scommessa continua, ma il risultato è un whisky robusto, fruttato e il punto di partenza per sperimentare alcuni tra i migliori single malt delle Highlands.
Edificata nel 1839 da Alexandre Matheson sui resti di un mulino risalente al XVIII secolo la distilleria si trova nella città di Alness, 30Km a nord di Inverness nelle Highland scozzesi e sorge al centro di un distretto coltivato ad orzo, vicino al Cromarty Firth, il canale che separa la cosiddetta Terraferma di Ross da una penisola chiamata Black Isle. Questa regione in passato fu teatro di cruenti conflitti fra clan, dove gli abitanti degli altipiani del nord cercavano di contrapporsi allo sconfinamento dei clan rivali, provenienti dalle Highlands Centrali.
La Dalmore sebbene fondata Matheson viene subito data in gestione alla famiglia Sunderland fino al 1867, quando la conduzione della distilleria passa ai tre fratelli Mackenzie che successivamente, alla morte di Matheson, ne diventano proprietari acquistandola da Sir Kennet Matheson per 14.500 Sterline (1891). Nel 1870 il Dalmore è il primo Single malt ad essere esportato in Australia mentre nel 1874 viste, le richieste crescenti, il numero di alambicchi viene raddoppiando passando da 2 a 4.
Durante la prima guerra mondiale la distilleria diventa una base della Royal Navy per la costruzione di mine Americane, viene successivamente abbandonata (1920) per i danni subiti da una forte esplosione. La Dalmore però riapre la distilleria e la sua produzione già dal 1922.
Nel 1956 la Dalmore mette da parte il suo Malting floor per passare al Saladin box. Il Saladin box consiste in un grande contenitore rettangolare di circa 50 metri di lunghezza, e una serie di "viti" verticali attaccate ad una traversa. La traversa si muove orizzontalmente lungo la lunghezza del contenitore mentre il moto delle viti solleva l'orzo dal basso verso l'alto. Combinato con il flusso d'aria immesso nell'orzo per il raffreddamento, questo permette all'orzo steso nel contenitore, tra i 60 cm (24 in) e 80 cm (31 in) di profondità, di essere girato due o tre volte al giorno. Il Saladin box verrà abbandonato dalla Dalmore nel 1982.
Dopo quasi 100 anni di gestione da parte della famiglia Mackenzie la Dalmore entra a far parte del gruppo White & Mackay (1960). Nel 1966 la White & Mackay decide di aumentare la produzione portando gli alambicchi da 4 a 8.
Curiosità: Il simbolo del "cervo reale" che decora ancora oggi le bottiglie di Dalmore , era lo stemma della famiglia Mackenzie. La leggenda narra che nel 1263 un avo della famiglia Mackenzie salvò la vita del Re di Scozia Alessandro III da un cervo infuriato che lo stava incornando durante una battuta di caccia. Per gratitudine Alessandro III concesse ai Mackenzie l'uso del cervo reale come emblema di famiglia.
La distilleria ha all'attivo un accordo con la cantine spagnole Gonzalez Byass per l'esclusiva delle loro botti di sherry Matusalem, utilizzate per l'invecchiamento dei single malt Dalmore.